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Museo di Arte Sacra

05. Madonna in Gloria

Trattasi di una stupenda scultura lignea, che, solo nel 1950, in occasione di una mostra tenutasi a Napoli, ha avuto il suo più degno risalto da parte della critica più accreditata.

L’opera fu rivisitata nel volto della Madonna, del Bambino e di tutti gli angeli della complessa composizione.

La pulitura ripristinava totalmente lo stupendo oro delle vesti e degli incarnati quanto mai delicati, che avevano, in vero, già molto sofferto a causa di sovrammissioni  soprattutto in ordine alle nuvole svisate del basamento.

La sua luminosa pacatezza, pervasa di invincibile malinconia per quell’offrirsi  toccante del fanciullo, abbandonato al suo ruotare delicato che sa di michelangiolesco o di in Battistello prima maniera, ne fa di certo un vero capolavoro di arte del primo cinquecento.

È un bassorilievo a tutto tondo, che si avvicina molto a quello, pur bellissimo e dello stesso soggetto, che si trova nella Cappella Tocco nel Duomo di Napoli, attribuito al De Siloe.

Tutto ciò ha portato a ritenere che la scultura maiorese sia opera di Diego De Siloe (1495?-1563).

È  questa, però, una dubitativa attribuzione. C’è chi l’attribuisce, invece ad Annabale Caccavello (1515-1579), essendone palesi i punti di contatto con la sua produzione iniziale.

Esiste una replica in marmo nella Certosa di Padula, con caratteri di quella vivissima manierizzazione propria della cultura spagnola dell’Ordonez.

C’è chi ha, poi, voluto trovare la paternità di questo capolavoro in un maestro conosciuto: Domenico Napolitano.

Trattasi dell’illustre studioso Roberto Pane, che così i esprime a proposito del Napolitano: “La terracotta della Madonna con Bambino, pubblicata dal Borelli, purtroppo assai guasta già prima che fosse sottoposta ad un restauro devozionale che la rifaceva colorata e scintillante, va ricordata per l’affinità compositiva con la Madonna di S. Maria a Mare di Maiori. che possiamo qualificare semplicemente stupenda …  Ma, allo stato degli studi intorno ala  data suddetta (1950), e cioè quando a nome di Domenico Napolitano non corrispondeva ancora alcuna testimonianza espressiva, la sola possibilità era che, appunto, una sua opera fosse adeguatamente apprezzata e, nel tempo stesso, attribuita ad altri, magari con riserva … La Madonna con Babinoa Maiori fa giustamente definito un ‘capolavoro’, quando ancora non vi si era riconosciuto lo scalpello di Domenico Napolitano”